La responsabilità sociale e culturale dei professionisti della comunicazione e del marketing

In un tempo in cui le informazioni viaggiano alla velocità della luce e l’opinione pubblica è sempre più influenzabile, il ruolo dei professionisti della comunicazione e del marketing assume una valenza etica e culturale fondamentale. Chi lavora in questi ambiti non è solo un tramite tra contenuto e pubblico o tra brand e consumatore, ma un attore sociale a pieno titolo, con una responsabilità attiva nel plasmare l’immaginario collettivo, orientare comportamenti e costruire significati condivisi. Come professionista del settore sento l’impatto di questo ruolo e penso che parlarne per confrontarci tra “colleghi” sia fondamentale.

La comunicazione come atto politico e culturale

Ogni messaggio veicolato è anche una scelta: cosa raccontare, cosa omettere, come presentarlo. In questo senso, comunicare è un atto politico, perché contribuisce a determinare ciò che è visibile e ciò che rimane nell’ombra. I professionisti della comunicazione e i marketer devono quindi interrogarsi su quali narrazioni promuovono, quali stereotipi rafforzano o decostruiscono, quali visioni del mondo alimentano. Un approfondimento utile si può trovare nell’articolo “La comunicazione come atto politico” pubblicato su Valigia Blu.

Ciò che il marketing e il giornalismo hanno in comune, anche se non vogliono ammetterlo

Nel grande calderone della Comunicazione troviamo entrambi: sia il marketing, sia il giornalismo. Mentre il primo si occupa di “processi di vendita”, organizzando le informazioni, il secondo ha come obiettivo il veicolare le “notizie”. Per quanto ci piaccia credere ad un mondo in cui queste discipline siano suddivise per compartimenti stagni, nella realtà non è così. Special modo da quando i giornali si sono digitalizzati, le tecniche di scrittura persuasiva si sono compenetrate a quelle giornalistiche. La notizia è diventata sensazionalistica e il formato nel quale viene impaginata segue le regole e le strategie del marketing digitale. Catturare l’attenzione è diventato prioritario poiché ne dipende la sopravvivenza stessa della testata. Ma a nessun caporedattore piacerebbe ammetterlo apertamente, e questo è un problema.

Marketing: scegliere a chi offrire potere

Il marketing è, a tutti gli effetti, uno strumento di potere. Le strategie di branding, le campagne pubblicitarie e le tecniche persuasive non sono mai neutre. Scegliere per chi e per cosa mettere in moto questi strumenti è una responsabilità profonda. Il marketer non è un semplice esecutore, ma un decisore etico: è chiamato a riflettere sull’impatto che genera, a valutare se sta rafforzando dinamiche tossiche o sostenendo cause meritevoli, a chiedersi quali soggetti o realtà vuole aiutare a crescere attraverso la sua competenza.

Etica e verità nell’era della post-verità

L’avvento dei social media e della comunicazione digitale ha moltiplicato le possibilità di diffusione dei contenuti, ma anche il rischio di fake news, manipolazioni e polarizzazioni. In questo contesto, l’etica della comunicazione e del marketing non può più essere considerata un optional. I professionisti sono chiamati a un impegno rigoroso verso la veridicità delle fonti, la trasparenza degli intenti e il rispetto delle persone coinvolte, evitando sensazionalismi, greenwashing, purpose-washing e narrazioni tossiche. È inoltre fondamentale riconoscere che le fake news non sono sempre frutto di contro-manipolazione o disinformazione casuale: talvolta sono strutturali e funzionali al mantenimento del potere stesso, radicate in sistemi narrativi che proteggono interessi consolidati e status quo. Una riflessione interessante è proposta da Poynter Institute nel saggio “The ethics of journalism in the digital age“.

Responsabilità verso la comunità e l’ambiente

Chi comunica e chi fa marketing ha il potere di influenzare scelte individuali e collettive. Si costruiscono dimensioni semantiche e simboliche che diventano parte del linguaggio comune. Non è cosa da poco! Per questo, ha la responsabilità di considerare l’impatto delle proprie azioni sul benessere della comunità e sulla sostenibilità ambientale. Questo significa promuovere valori come la solidarietà, la giustizia sociale, il rispetto per le diversità e la cura per il pianeta, attraverso una narrazione coerente e consapevole. A questo proposito, il progetto “Comunicazione responsabile” propone strumenti e casi studio utili.

Il sensazionalismo e il suo impatto tossico

Purtroppo, va detto che il macabro e lo scandaloso non sembrano mai passare di moda. Questo fatto, inserito nell’ecosistema digitale, la cui architettura è sempre più strutturata per premiare contenuti che attirano l’attenzione, avvia quello che è un circolo tossico, anzi, auto-intossicante: se voglio essere visto devo produrre contenuti che facciano “hype” e se l’algoritmo premia il trash, sarò portato a pubblicare contenuti frivoli, scadenti, vuoti come vuoto diventa il cervello di chi li fruisce. Ed ecco spiegato perché, soprattutto chi di comunicazione si occupa per lavoro, e quindi dovrebbe conoscere e riflettere su queste pesanti ripercussioni, porta una responsabilità importante.

“Brain rot” lo stato di deterioramento celebrale: stiamo diventando sempre più stupidi

Per capire quanto drammatico sia diventato lo scenario di deterioramento cognitivo e di dipendenze da device, ci basti pensare che la parola dell’anno 2024, scelta dall’Oxford University Press, è stata “brain rot”. Questo termine può essere letteralmente tradotto come “marciume cerebrale”. Diversi studi suggeriscono che l’intelligenza umana stia diminuendo, in particolare la capacità di pensiero profondo, a causa della modificazione neuro-plastica del nostro cervello, data dall’uso eccessivo della tecnologia e della dipendenza da contenuti digitali semplicistici che, a differenza per esempio di un libro, non allenano la mente a rimanere concentrata e ad elaborare riflessioni articolate. Per intenderci, un po’ come succede ad un corpo che non si allena mai e che quindi perde massa muscolare, anche la mente umana sta perdendo l’equivalente del tono muscolare. Questo, in un mondo sempre più complesso e denso di sfide, è un problema molto serio!

La formazione continua come dovere deontologico

Essere comunicatori e marketer responsabili richiede anche un impegno costante nella formazione. Conoscere le dinamiche sociali, culturali e psicologiche della comunicazione, aggiornarsi sulle tecnologie e sugli strumenti, riflettere sui codici etici della professione e sul suo impatto, sono aspetti imprescindibili per chi vuole esercitare il proprio ruolo con integrità.

Conclusione

I professionisti della comunicazione e del marketing non possono più sottrarsi alla propria responsabilità sociale e culturale. I tempi storici nei quali ci troviamo non ce lo permettono più. In un mondo complesso, interconnesso e in trasformazione, la comunicazione dovrebbe essere utilizzata per creare ponti e mettere al centro del tavolo della riflessione le tematiche che davvero hanno una priorità per il nostro futuro comune. Sta a chi esercita questo potere scegliere consapevolmente a chi e cosa dare visibilità. A mio modo di vedere, le ragioni del mercato non possono e non devono più sopraffare le ragioni del benessere sociale.

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